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Milano, 2050 |
“Ciò che si sa, tuttavia, è che non sarà accompagnato da un cambio di paradigma della gestione del territorio: non si parla di blocco del consumo del suolo, non si parla di bonifica, fine degli scarichi nei nostri fiumi più inquinati”
Il processo legato a questo progetto rimane purtroppo fumoso e centralizzato: non esistono solo gli archistar che propongono numeri esorbitanti prescindendo dalla qualità ecosistemica degli interventi, esistono anche cittadine e cittadini, esperti ed esperte, che si battono ogni giorno, da anni, per preservare ciò che già c'è: parliamo di Piazza d'Armi e di molti altri parchi che rischiano costantemente di esser divorati dal cemento, e con loro anche i servizi ecosistemici che offrono. Ma parliamo anche di tutti quei territori della città metropolitana che vengono costantemente assediati da cantieri di nuove abitazioni, strade e da campi a monocolture irrorate da pesticidi. Non possiamo pensare di rendere Milano una città più verde se non sappiamo prenderci cura del nostro territorio, vedendolo in ottica aziendalistica e senza avere un reale coinvolgimento di quelle parti attive della società che, con forza, chiedono di poterlo curare e difendere. Serve una pianificazione che sia realmente partecipata e su tutta la città metropolitana. Non ha senso parlare di verde senza parlare di salute, di educazione e di uso sostenibile del territorio.