Parliamo di Psicologia Ambientale con Simona Sacchi, professore associato di Psicologia Sociale presso l'Università degli Studi di Milano - Bicocca.
La Psicologia Ambientale utilizza un approccio interdisciplinare: declina concetti sviluppati in differenti branche della psicologia come la Psicologia del Pensiero, la Psicologia Sociale, la Psicologia della Personalità, le Neuroscienze Sociali; dialoga con l’Architettura, l’Ingegneria Ambientale, la Geografia, le Scienze Naturali, l’Economia, la Sociologia, l’Antropologia e le Scienze Politiche.
In Italia abbiamo una buona tradizione per quanto riguarda gli studi di psicologia ambientale. Pensiamo alla sensibilità di Olivetti rispetto al tema dell'ambiente di lavoro. In Italia abbiamo anche dei gruppi di ricerca ben sviluppati in diversi Atenei che si occupano di tematiche ambientali. In primis il gruppo di ricerca della Sapienza di Roma, di Roma Tre ma penso anche a Cagliari, Padova. Recentemente (nel 2017) Bonaiuto ha pubblicato una rassegna e delle interviste proprio per analizzare lo sviluppo della disciplina nel nostro paese (la allego). Questi gruppi di ricerca si sono occupati sia della relazione individui-ambiente naturale sia della relazione individui-ambiente artificiale.
Le ricerche pubblicate e le metodologie utilizzate si inseriscono perfettamente nel panorama internazionale. Ovviamente in Italia esistono delle specificità culturali per cui emergono dei fenomeni specifici.
Esiste anche un filone di studi che parte da una prospettiva culturale che si è occupata di analizzare le rappresentazioni sociali legate ai temi della sostenibilità in Italia o i dibattiti parlamentari italiani intorno a tali problematiche. Ovviamente queste ricerche sono molto più legate al contesto in cui sono state condotte.
Per quanto riguarda l'Europa, i Paesi del Nord Europa (es. Olanda) e scandinavi sono molto all'avanguardia anche per quanto l'applicazione delle nostre conoscenze nell'ambito della psicologia ambientale (penso al tema scuole) non solo di sviluppo di ricerca accademica.
E questo è un principio che si può applicare sia agli edifici (scuole, case di cura, uffici) sia agli spazi urbani (edificati e verdi).
Il benessere individuale diventa anche benessere sociale. Quando stiamo bene nei luoghi li rispettiamo, mettiamo in atto più comportamenti prosociali, percepiamo meno rischio (e quindi viviamo l'ambiente riducendo effettivamente il rischio), siamo più propensi a partecipare alla vita della nostra comunità.
Il vantaggio è anche per i committenti. Investire per integrare una prospettiva psicologica può evitare fallimenti ben più costosi. Possiamo evitare di fare errori grossolani spendendo moltissimo denaro per creare ambienti che non vengono usati o che vengono usati male perchè non rispondono minimamente ai bisogni delle persone e non tengono conto dei nostri processi psicologici.
Ci potresti spiegare che cos'è la Psicologia Ambientale e da dove ha origine?
La Psicologia Ambientale è una disciplina che studia i processi cognitivi, affettivi, motivazionali e il comportamento dell’individuo in interazione con il suo ambiente, sia naturale che artificiale. L'ambiente, in questa prospettiva, non viene considerato solo come l'insieme delle sue caratteristiche fisiche, ma soprattutto nella sua dimensione sociale e politica (vedi ad esempio, Gifford, 2007).La Psicologia Ambientale utilizza un approccio interdisciplinare: declina concetti sviluppati in differenti branche della psicologia come la Psicologia del Pensiero, la Psicologia Sociale, la Psicologia della Personalità, le Neuroscienze Sociali; dialoga con l’Architettura, l’Ingegneria Ambientale, la Geografia, le Scienze Naturali, l’Economia, la Sociologia, l’Antropologia e le Scienze Politiche.
Esistono una via europea e una italiana della Psicologia Ambientale?
La Psicologia Ambientale si diffonde a partire dagli anni ’50, nel secondo dopoguerra, favorita da una parte dall’interesse che in vari ambiti si mostra per le discipline psicologiche, dall'altra, dalla sempre maggiore consapevolezza dell'influenza dell'ambiente sull'individuo. Ma è dagli anni '70 nel contesto anglosassone che inizia a svilupparsi e a produrre numerosi lavori empirici.In Italia abbiamo una buona tradizione per quanto riguarda gli studi di psicologia ambientale. Pensiamo alla sensibilità di Olivetti rispetto al tema dell'ambiente di lavoro. In Italia abbiamo anche dei gruppi di ricerca ben sviluppati in diversi Atenei che si occupano di tematiche ambientali. In primis il gruppo di ricerca della Sapienza di Roma, di Roma Tre ma penso anche a Cagliari, Padova. Recentemente (nel 2017) Bonaiuto ha pubblicato una rassegna e delle interviste proprio per analizzare lo sviluppo della disciplina nel nostro paese (la allego). Questi gruppi di ricerca si sono occupati sia della relazione individui-ambiente naturale sia della relazione individui-ambiente artificiale.
Le ricerche pubblicate e le metodologie utilizzate si inseriscono perfettamente nel panorama internazionale. Ovviamente in Italia esistono delle specificità culturali per cui emergono dei fenomeni specifici.
Esiste anche un filone di studi che parte da una prospettiva culturale che si è occupata di analizzare le rappresentazioni sociali legate ai temi della sostenibilità in Italia o i dibattiti parlamentari italiani intorno a tali problematiche. Ovviamente queste ricerche sono molto più legate al contesto in cui sono state condotte.
Per quanto riguarda l'Europa, i Paesi del Nord Europa (es. Olanda) e scandinavi sono molto all'avanguardia anche per quanto l'applicazione delle nostre conoscenze nell'ambito della psicologia ambientale (penso al tema scuole) non solo di sviluppo di ricerca accademica.
In concreto che benefici potremmo avere se avessimo più Psicologia Ambientale?
Sono di parte, ma i benefici possono riguardare tutti. Da una parte pensare e progettare gli ambienti tenendo conto dell'esperienza dell'individuo massimizza la possibilità di generare benessere. Quindi la probabilità che le persone stiano bene in quei luoghi e che possano sfruttarli al meglio.E questo è un principio che si può applicare sia agli edifici (scuole, case di cura, uffici) sia agli spazi urbani (edificati e verdi).
Il benessere individuale diventa anche benessere sociale. Quando stiamo bene nei luoghi li rispettiamo, mettiamo in atto più comportamenti prosociali, percepiamo meno rischio (e quindi viviamo l'ambiente riducendo effettivamente il rischio), siamo più propensi a partecipare alla vita della nostra comunità.
Il vantaggio è anche per i committenti. Investire per integrare una prospettiva psicologica può evitare fallimenti ben più costosi. Possiamo evitare di fare errori grossolani spendendo moltissimo denaro per creare ambienti che non vengono usati o che vengono usati male perchè non rispondono minimamente ai bisogni delle persone e non tengono conto dei nostri processi psicologici.