Da qualche giorno sono disponibili online i verbali del Comitato Tecnico Scientifico, grazie all'istanza di accesso civico presentata dalla Fondazione Luigi Einaudi presentata lo scorso 13 maggio. Dai verbali emergono alcune questioni interessanti, come il fatto che il medesimo comitato avesse proposto la chiusura di Alzano e Nembro già il 3 marzo, così come il climax di preoccupazione che da fine febbraio si è sviluppato fino ad almeno aprile.
Sui social network, tuttavia, sta imperversando in queste ore una critica feroce al Governo per aver scelto di istituire il lockdown, definito come una misura eccessiva in previsione di una catastrofe sanitaria soprattutto per il meridione italiano. Il ragionamento che si segue è: siccome non c'è stata un'ecatombe (anche se, ricordiamolo, a oggi si contano più di 35 mila decessi), la chiusura del Paese è stata inutile.
Questo ragionamento è piuttosto diffuso, ed è ciò che si esplica in diversi ambiti: dal sociale, dove spesso si sente dire che l'efficacia degli interventi è nulla in quanto la situazione non è migliorata (ma non è nemmeno peggiorata!) al sanitario, dove si misconosce spesso l'importanza della prevenzione in quanto non stimabile. Il problema sta proprio nel concetto stesso di causalità e nella sua aritmetica: esistono infatti due tipi di cause efficienti, quelle generative (che determinano un cambiamento) e quelle preventive (che lo impediscono e mantengono lo status quo); per la loro stessa natura, gli effetti delle prime sono visibili, mentre quelli delle seconde no.
Gli esseri umani tendono a concepire come psicologicamente plausibile un nesso causale tra due fatti concomitanti, come affermato dalla teoria delle correlazioni illusorie spiegato da Hamilton e Gifford nel 1976, mentre fanno fatica ad attribuire un causal power qualora si verifichi la condizione p e ¬q, ossia quando si verifica una premessa e la conclusione è un non-fatto. Per valutare, quindi, il valore del lockdown, è necessario domandarsi quali siano stati gli esiti da esso prevenuti.