COSA CONDIZIONA IL RISCHIO DI CONTAGIO?

È notizia di questi giorni lo straordinario assembramento in quelle che sono le zone della movida milanese (ma non solo), e soprattutto è rumorosissima l'eco di indignazione delle persone sui social media, sia di quelle che rivendicano il diritto a festeggiare e alla spensieratezza, sia di quelle che gridano al profondo egoismo di chi non si preoccupa delle conseguenze delle proprie azioni. Dopo aver già approfondito i pericoli che una visione grandiosa di sé (c.d. narcisismo) comporta nel rendere più o meno probabili condotte preventive, proponiamo un altro lavoro scientifico che cerca di identificare quei fattori che concorrono a spiegare la percezione di rischio di contagio da Covid-19.

La ricerca, che coinvolge un nutrito gruppo di esperti da Cambridge e dall'Olanda, tra i quali spicca Sander van der Linden (che da tempo si occupa di contrasto alla disinformazione e ai negazionismi), rileva il rischio percepito di contagio e la relazione con diverse variabili, tra le quali: una visione del mondo individualista, la prosocialità, l'aver avuto esperienza diretta di una persona affetta da Covid-19, la fiducia nelle professioni mediche, la conoscenza personale, la fiducia nel governo, l'ideologia politica, il livello di educazione e l'autoefficacia. 

Il modello che gli autori analizzano tiene in considerazione anche il Paese d'origine dei soggetti che hanno partecipato alla ricerca, come Australia, Germania, Spagna, Italia, Svezia, Regno Unito, Stati Uniti ma anche Corea del Sud, Giappone e Messico. Emerge che pressoché ovunque l'individualismo è in grado di spiegare in modo importante le variazioni nella percezione di rischio, soprattutto in Germania, Svezia e Regno Unito, seguito dalla prosocialità: dunque, avere in mente le conseguenze che sugli altri hanno i nostri comportamenti, effettivamente, aumenta l'idea che si sia tutti suscettibili di contagio. Anche l'aver avuto esperienze dirette di contagi da Covid-19 sembra avere una certa rilevanza, insieme alla fiducia nella scienza e nelle professioni mediche. 

Se si pensa che alla European Social Survey gli Italiani rispondono alla domanda: "È importante aiutare gli altri e occuparsi del loro benessere?" al 18.7% "molto", e al 38.9% "sì", mentre in altri Paesi come la Spagna o la Germania rispondono "molto" il 40.3% e il 30.7%, si può capire come l'Italia sia un Paese in cui prevale una posizione individualista rispetto alle possibilità di contagio. Chiaramente, bisogna approfondire le ragioni di un simile atteggiamento, che non stanno nell'ontologia di un popolo, ma spesso in un complesso di ragioni socio-storiche.