«VACCINARMI IO? NON SONO FOLLE! HAI VISTO COSA SUCCEDE?»


di Serena Perego

È notizia di giovedì 11 marzo lo stop da parte dell’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA) a un lotto di vaccini AstraZeneca, a seguito di decessi sospetti che hanno richiesto l’apertura di un’indagine approfondita, per accertare possibili cause e responsabilità. Al momento non è stato stabilito alcun nesso di causalità tra i decessi e la somministrazione dei vaccini, e il numero di eventi avversi tra i soggetti vaccinati è in linea con quello della popolazione non vaccinata; ciononostante, il clamore della notizia ha soffiato sul dibattito pubblico, già incendiato, circa la sicurezza delle vaccinazioni anti-COVID-19, mettendo a rischio le adesioni alla campagna vaccinale. Tralasciando spiegazioni scientifiche di stampo medico, le considerazioni psicologiche sul fenomeno sono quantomeno interessanti ed attuali. 




Una prima riflessione verte attorno alla differenza tra associazione, correlazione e causazione. Ogni forma di causazione implica un’associazione tra due eventi o variabili, ma non una loro correlazione in modo necessario, mentre la correlazione implica una relazione associativa tra due eventi o variabili, ma non un legame di causazione (Altman & Krzywinski, 2015). Detto più semplicemente: perché un evento (es. vaccinazione) possa essere considerato la causa di un altro (es. decesso), non è sufficiente che i due si siano verificati insieme, e non lo è nemmeno il fatto che ci sia una forma di correlazione di diverso tipo (come nel caso ipotetico: aumento/diminuzione dei vaccini, aumento/diminuzione dei decessi). Slogan e premessa indispensabile di ogni corso di psicometria è correlation does not imply causation (la correlazione non implica causalità). Tuttavia, confondere una semplice relazione di correlazione con causalità è un errore in cui è facile scivolare

Tyler Vigen, studente di Legge ad Harward e analista dell’intelligence militare, ha riportato in modo brillante e umoristico una considerevole quantità - ben 93595 - di correlazioni totalmente spurie, ricavate da dati reali e opportunamente documentati. Scopo dell’opera è quello di illustrare quanto ridicolo possa diventare credere ad una presunta capacità causale di semplici correlazioni. Così, per citarne solo un paio, è possibile trovare una correlazione tra il numero di persone annegate scivolando dentro una piscina e il numero dei film in cui è apparso Nicolas Cage o una correlazione tra il tasso di divorzi nel Maine e il consumo pro capite di margarina.



Non tutte le correlazioni sono uguali: esistono infatti due tipi di correlazione ingannevole, la correlazione spuria e la correlazione illusoria. La prima si verifica quando il trend di due variabili, tra loro indipendenti, è correlato in quanto entrambe le variabili dipendono o sono effettivamente causate da una terza variabile, che ne determina l’andamento; nel caso della correlazione illusoria, invece, la tendenza ad associare tra loro diverse variabili è influenzata da preconcetti privi di fondamento scientifico. È importante evidenziare che nemmeno alti valori di correlazione sono garanzia di causalità, in quanto la statistica si muove sempre nel mondo del probabile e mai del certo e non si può escludere a priori che alcune correlazioni siano prodotte dalla coincidenza, dal caso. Se il linguaggio e il pensiero comune confondono le dimensioni della correlazione e della causalità, ciò che si viene a creare è ciò che si viene a creare è un’illusione di certezza. 

In questo caso specifico, considerare certo che la vaccinazione con AstraZeneca provochi effetti collaterali gravi senza il supporto di un’adeguata letteratura scientifica non è solamente un errore tecnico-logico, ma può influenzare in maniera determinante la libera scelta di aderire alla campagna vaccinale, alimentando movimenti no-Vax o l'esitazione vaccinale. 

È un dato assodato che informazioni e credenze errate, in particolar modo fomentate da teorie complottiste e dicerie sulla sicurezza dei vaccini, hanno il potere di orientare l’atteggiamento nei confronti della vaccinazione e di spingere un numero consistente di persone a non sottoporsi al trattamento. Diversi studi hanno dimostrato che le fake news sono la causa principale dell’esitazione vaccinale (Carrieri, Madio, & Principe, 2019), e tutto ciò ha una portata significativa non solo per la vita del singolo, ma per l’intera comunità.

Il 9 marzo è stata pubblicata sul Journal of Public Health una ricerca sulla relazione tra la disponibilità a essere vaccinati, la capacità di rilevare fake news e il livello di alfabetizzazione sanitaria in un campione di francesi (Montagni et al., 2021); per alfabetizzazione sanitaria si intende “la misura in cui le persone possono accedere, comprendere, valutare e applicare le informazioni relative alla salute attraverso tutti i canali di comunicazione” (p. 2). Il livello di alfabetizzazione sanitaria è legato alla motivazione e alla capacità di assumere decisioni basandosi su informazioni affidabili. Secondo i risultati della ricerca di Montagni e colleghi, individui con una scarsa capacità di rilevare fake news hanno una maggiore propensione ad essere no-vax o esitanti; inoltre, il rischio di essere esitanti rispetto a pro-vaccinazione è più elevato tra individui con una scarsa alfabetizzazione sanitaria. 

I livelli di condivisione di fake news riguardanti il COVID-19 in Italia è a livelli preoccupanti (Moscadelli et al., 2020). Contenuti anti-vax sono frequentemente condivisi attraverso diversi canali social, influenzando l’opinione degli utenti, soprattutto di  quelli che utilizzano i social come fonti di informazioni sanitarie (Puri et al., 2020). Il ricorso a immagini vivide, cariche emotivamente, rende più incisive informazioni anche errate, soprattutto quando si tratta del confronto tra i costi e benefici della vaccinazione. Di contro, informazioni quantitative, evidence-based, risultando meno attraenti, possiedono una più scarsa capacità persuasiva. Secondo diverse ricerche, una varietà di fattori rende gli utenti social maggiormente vulnerabili a narrative emotive sui social, quali: età avanzata, deficit cognitivi, basso livello di istruzione, basso livello di alfabetizzazione digitale. In aggiunta, credenze personali, credenze religiose o politiche e cultura personale possono modularne la risposta. 

Dalle ultime statistiche del 2020, si rileva che circa 35 milioni di italiani (ben il 58% della popolazione) usa social network, e gli over 55 sono diventati la seconda fascia più importante di pubblico per il social di Zuckerberg; non sorprende dunque l’alto tasso di circolazione di fake news nel Bel paese. Uno spiraglio di ottimismo trapela da un articolo di Raffaella Menichini, pubblicato su La Repubblica lo scorso sabato 13 marzo: si legge infatti che i social stanno correndo ai ripari contro la disinformazione, sebbene “secondo una ricerca compiuta dalla Associated Press, decine di pagine dedicate alla propaganda di false informazioni sanitarie sono ancora presenti su Facebook e Instagram” e ancora “online continua ad essere postato materiale a ritmo quotidiano. Facebook dice di aver «etichettato» come possibile disinformazione oltre 167 milioni di post dall’inizio della pandemia”. Quella dei no-vax pare una vera e propria industria organizzata al fine di minare la fiducia nell’establishment scientifico, avvalendosi di tecniche riconosciute per la loro efficacia persuasiva, come testimonial famosi, attraenti o reputati credibili dal pubblico e pseudo figure professionali. Cruciale la tecnica comunicativa: "I professionisti della salute devono persuadere il pubblico a compiere un'azione. I no vax devono solo creare dubbi sulla sua efficacia, sicurezza o necessità. Per questo operano solo attraverso domande".


Tuttavia, l’atteggiamento vaccinale è, come ogni dimensione psicologica complessa, frutto di una sinergia di molteplici fattori scatenanti e predisponenti, suscettibili alle condizioni del momento. A questo proposito, un gruppo di ricercatori italiani ha approfondito l’associazione tra la percezione del rischio e l’esitazione vaccinale in un campione di italiani, e la sua variazione nel periodo dalla fine di febbraio alla fine di giugno 2020 (Caserotti et al., 2021). L’intenzione di aderire alla campagna vaccinale è il risultato di una complessa causalità multifattoriale, fra cui la percezione del rischio associato, il quale, a sua volta, è influenzato da variabili emotive. In particolar modo, secondo il modello risk-as-feelings: 
«Quando le persone hanno un atteggiamento positivo nei confronti di un evento o uno stimolo, tendono a percepire uno scarso rischio e ad associarvi elevati benefici, mentre accade il contrario quando le persone hanno un atteggiamento negativo nei confronti di un evento o uno stimolo» (p.2)
Senza considerare le statistiche e i dati più o meno oggettivi riguardanti la gravità delle conseguenze. La pandemia da COVID-19, caratterizzata da un’elevata imprevedibilità, soprattutto nelle sue fasi iniziali, è stata percepita come un evento ad alto rischio, ma la percezione del rischio è velocemente diminuita durante la fase di riapertura del Paese. Così, mentre durante il lockdown i tassi di esitazione vaccinale si erano convertiti verso un atteggiamento più positivo nei confronti della vaccinazione, mossi da emozioni forti e da una maggiore percezione del rischio, nel post-lockdown le persone esitanti nei confronti della vaccinazione sono tornate ai livelli pre-lockdown. 

Una review di novembre ha riportato livelli molto alti di esitazione vaccinale e legati a diversi fattori (Troiano & Nardi, 2021); tra questi: lo status occupazionale, credenze personali e religiose, credenze politiche, livello di istruzione, età, genere, patrimonio, preoccupazioni per il COVID-19. In particolare, la maggiore esitazione vaccinale è risultata correlata a disoccupazione, credenze personali contro la vaccinazione, credenze religiose, genere femminile. Da una prospettiva più ottimistica, secondo Huynh e Senger (2021) una qualità psicologica che correla con un atteggiamento verso la vaccinazione anti-COVID-19 è l’umiltà intellettuale, la “consapevolezza non minacciosa della propria fallibilità intellettuale" (Krumrei‐Mancuso & Rouse, 2016, p. 210). Detto in altre parole, quanto più una persona è consapevole di potersi sbagliare, tanto più sarà disposta a mettere in discussione le proprie credenze e a poter cambiare la propria opinione e i propri atteggiamenti, soprattutto se confrontata con argomentazioni valide. A tale proposito, è curioso tenere in considerazione l’effetto Dunning-Kruger, ovvero il bias cognitivo per il quale persone inesperte tendono a sopravvalutarsi e a rifiutare di accettare la propria incompetenza o ignoranza e, al contrario, individui competenti hanno la tendenza a sminuire il proprio valore e la propria competenza. Sapersi muovere nel terreno dell’incertezza, della probabilità e mettersi in discussione sono quindi qualità da coltivare per evitare che l’eccessiva rigidità delle proprie conoscenze, presunte o fattive, possa nuocere alla possibilità di apprendere nuovamente e di evolversi, anche verso un futuro più tollerante e più correttamente informato. 

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Da un’indagine Altroconsumo di febbraio emergono statistiche interessanti rispetto agli atteggiamenti degli italiani nei confronti della campagna vaccinale: il 52% si dice intenzionato a farlo appena possibile, il 10% è esitante, l’8% non vuole vaccinarsi e il 30% intende vaccinarsi solo dopo aver visto gli effetti del vaccino su altra gente. Affinché la campagna vaccinale raccolga maggiori consensi, Nature richiama l’importanza di un’informazione chiara e completa. Purtroppo, rischia di non bastare. Come spiega Teresa Gavaruzzi, docente del dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova, oltre a smentire le fake news già diffuse, è necessario aiutare le persone ad esercitare il pensiero critico per acquisire le competenze necessarie a distinguere la fondatezza delle informazioni ed utilizzare una comunicazione efficace per promuovere la vaccinazione. In altre parole, diventa preminente tenere in considerazione i fattori psicologici che emergono in relazione all’argomento e le resistenze naturali

Ad ognuno di noi spetta una scelta personale, libera e informata, nel rispetto del fondamentale diritto dell’individuo alla salute e nell’interesse della collettività.  

Bibliografia:


Altman, N., Krzywinski, M. Association, correlation and causation. Nat Methods 12, 899–900 (2015). https://doi.org/10.1038/nmeth.3587

Carrieri, V., Madio, L., & Principe, F. (2019). Vaccine hesitancy and (fake) news: Quasi‐experimental evidence from Italy. Health economics, 28(11), 1377-1382.

Caserotti, M., Girardi, P., Rubaltelli, E., Tasso, A., Lotto, L., & Gavaruzzi, T. (2021). Associations of COVID-19 risk perception with vaccine hesitancy over time for Italian residents. Social Science & Medicine, 113688.

D’Errico, S., Turillazzi, E., Zanon, M., Viola, R. V., Frati, P., & Fineschi, V. (2021). The Model of “Informed Refusal” for Vaccination: How to Fight against Anti-Vaccinationist Misinformation without Disregarding the Principle of Self-Determination. Vaccines, 9(2), 110.

Huynh, H. P., & Senger, A. R. (2021). A little shot of humility: Intellectual humility predicts vaccination attitudes and intention to vaccinate against COVID‐19. Journal of Applied Social Psychology.

Lazarus, J. V., Ratzan, S. C., Palayew, A., Gostin, L. O., Larson, H. J., Rabin, K., ... & El-Mohandes, A. (2021). A global survey of potential acceptance of a COVID-19 vaccine. Nature medicine, 27(2), 225-228.

Montagni, I., Ouazzani-Touhami, K., Mebarki, A., Texier, N., Schück, S., & Tzourio, C. (2021). Acceptance of a Covid-19 vaccine is associated with ability to detect fake news and health literacy. Journal of Public Health.

Moscadelli, A., Albora, G., Biamonte, M. A., Giorgetti, D., Innocenzio, M., Paoli, S., ... & Bonaccorsi, G. (2020). Fake news and covid-19 in Italy: Results of a quantitative observational study. International journal of environmental research and public health, 17(16), 5850.

Puri, N., Coomes, E. A., Haghbayan, H., & Gunaratne, K. (2020). Social media and vaccine hesitancy: new updates for the era of COVID-19 and globalized infectious diseases. Human Vaccines & Immunotherapeutics, 1-8.

Troiano, G., & Nardi, A. (2021). Vaccine hesitancy in the era of COVID-19. Public Health.
Vigen, T. (2015). Spurious Correlations (Gift ed.). Hachette Books.

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