NEXT GENERATION EU E PNRR ITALIA: QUALE CONCETTO DI SOSTENIBILITÀ?

 Questo articolo è stato scritto da Riccardo Sabbato, esperto di Sostenibilità Ambientale, che ha svolto da noi il periodo di tirocinio. Si tratta di un'analisi del PNRR alla luce dei Sustainable Development Goals. 



Nel 2019 l’economia italiana era stagnante, la crescita del PIL era solo dello 0,3% e l’intero Paese tendente alla recessione; con lo scoppio della pandemia da CoViD-19 la situazione è precipitata. Come prevedibile, la crisi sanitaria ha avuto in tutto il mondo pesanti effetti economici, ma in particolar modo in Paesi dall’economia relativamente fragile come il nostro. L’anno 2020 ha registrato un PIL dell’Eurozona in caduta del 7,8%, con quello italiano in caduta libera del 10%; il Rapporto annuale ISTAT 2020, anticipando le previsioni della Commissione Europea, ha individuato nell’Italia il paese più colpito in Europa. 

Per far fronte alla crisi economica derivata da quella pandemica, nel luglio 2020 il Consiglio Europeo ha approvato il fondo Next Generation EU, dal valore complessivo di 750 miliardi di euro; di questi, 80 miliardi sono destinati all’Italia, maggior beneficiaria delle sovvenzioni tra i Paesi dell’Unione assieme alla Spagna (cui vanno 78 miliardi). In generale, il pacchetto di misure di stimolo pensato per la ripresa è il più consistente mai finanziato in Europa.

La scorsa primavera il nostro governo ha quindi proceduto a definire il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), documento di programmazione della ripresa, che illustra le modalità in cui l’Italia intende investire i fondi Next Generation Eu, oltre a presentare un calendario delle riforme finalizzate alla modernizzazione del Paese (o a un recupero di alcune modernizzazioni mancate). Il piano è stato elaborato attorno tre macroaree di intervento: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Il PNRR raggruppa i progetti di investimento in 16 componenti che sono a loro volta raggruppate in 6 missioni:

  • digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo;
  • rivoluzione verde e transizione ecologica;
  • infrastrutture per una mobilità sostenibile;
  • istruzione e ricerca;
  • coesione e inclusione;
  • salute.

L’Unione Europea ha intrapreso iniziative per inquadrare l’azione comunitaria in materia ambientale sin dagli anni ’70. Ora più che mai l’obiettivo è integrare la protezione ambientale nelle politiche europee ed introdurre l’elemento ambientale nelle strategie per lo sviluppo sostenibile. Nel VII PAA (Piano d’Azione Ambientale 2013-2020) sono risultati chiari l’intento di rafforzare la legislazione in materia ambientale assieme a quello di investire a sostegno delle politiche ambientali. Il 14 ottobre 2020 La Commissione europea ha presentato la proposta per il Programma Generale d’Azione dell’Unione per l’Ambiente 2021-2030 (VIII PAA).

Nonostante questo impegno sistemico, oggi assolutamente urgente, l’orientamento generale del PNRR non ha soddisfatto né ambientalisti né esperti di ecologia. In un articolo del 29 aprile scorso Greenpeace dichiarava: «Nessuna vera priorità per le rinnovabili, briciole alla mobilità urbana sostenibile e per la cura della biodiversità, nessun intervento serio per l’agricoltura ecologica, ma in compenso una porta spalancata per l’idrogeno blu di ENI (prodotto da gas e usando tecniche rischiose e neppure convenienti come il famoso Carbon Capture and Storage)! Nel PNRR insomma della transizione ecologica si vede a malapena l’ombra». Secondo Legambiente, invece, «Il PNRR non è, infatti, adeguato alla sfida lanciata con il recente accordo sulla legge sul clima varata dall’Europa. La lotta alla crisi climatica deve essere una priorità trasversale di intervento del Piano – come parità di genere, giovani e Sud – e invece su questo tema cruciale si utilizza un approccio timido e incomprensibile».

La natura programmatica e le aree d’azione del PNRR 2021 sono ricollegabili a un precedente documento, ovvero l’Agenda 2030 dell’ONU sottoscritta nel settembre 2015 dai governi dei 193 paesi membri. L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità. L’agenda prevede 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) e 169 traguardi che i paesi, Italia inclusa, si impegnano a conseguire entro il 2030. L’ASviS (Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile), in un suo documento intitolato Valutazione e principali contenuti del PNRR alla luce degli SDGs, si mostra alquanto critica riguardo alle azioni proposte nel documento programmatico italiano, per mancanza di prospettive a lungo termine, vaghezza nell’allocazione di risorse, mancanza di una visione strategica.

L’incipit del PNRR ricorda l’importanza della sostenibilità: «La pandemia di CoViD-19 è sopraggiunta in un momento storico in cui era già evidente e condivisa la necessità di adattare l’attuale modello economico verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale». Tuttavia, non risulta esserci pieno allineamento tra la missione 2 del PNRR, quella dedicata all’ambiente (alla quale sono state assegnate il numero maggiore di risorse) e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile: come si evince dall’analisi qui sotto, vi sono solo alcune coincidenze, ma i due programmi appaiono in gran parte indipendenti. 




Allineamento degli obiettivi del PNRR con gli SDGs


Il caso dell’idrogeno, in particolare, è stato esemplare, perché non è sempre ottenuto attraverso l’utilizzo di energie rinnovabili e dunque non è sempre considerabile energia pulita: ad esempio, ENI ha spinto molto negli scorsi mesi per l’implementazione dell’idrogeno blu (ricavato dal gas fossile), che prevede il CCS (la cattura e stoccaggio della CO2 emessa); questa tecnica prevede l’iniezione nel sottosuolo di CO2 liquida per abbatterne le emissioni in atmosfera, ed è particolarmente vantaggiosa in quanto, se operata nei giacimenti esauriti di petrolio e di gas, può far risalire i combustibili fossili non ancora estratti, con un profitto che può coprire o superare i costi della CCS stessa. Tuttavia la CCS, tenuto conto delle perdite e delle emissioni di CO2 conseguenti all’uso dell’energia occorrente per il processo, non azzera le emissioni dovute alla combustione, ma le riduce solamente, e questa riduzione ha comunque un costo economico molto elevato.

A seguito delle pressioni a cui la stessa Commissione Europea è stata sottoposta rispetto all’ipotizzata implementazione dell’idrogeno da parte di ENI con i fondi Next Generation EU, la Commissione stessa ha chiesto al governo italiano di mettere nero su bianco l’esclusione di idrogeno blu e gas naturale dagli investimenti menzionati nel PNRR. Il 22 giugno 2021 la Commissione Europea ha infine espresso un parere globalmente positivo sul PNRR dell’Italia, passando il documento al Consiglio dell’Unione europea per la sua approvazione definitiva.
In un’intervista rilasciata lo scorso 20 ottobre 2020, Marina Ponti, direttrice del Global Campaign Center, aveva affermato: «La sfida dell’Italia, come di tutti gli altri paesi, sarà quella di riuscire a reagire alla pandemia, ma anche di far ripartire in modo nuovo e diverso l’economia e la società (…). In questi mesi l’Unione Europea ha messo in campo una quantità di risorse mai viste prima, per cui adesso ci sono: c’è bisogno che ognuno di noi spinga i decisori politici a fare in modo che vengano utilizzate con la consapevolezza di dover dare una svolta nella direzione giusta».